Ragù napoletano Eduardo De Filippo

Il ragù di Edoardo, ragù napoletano

Una delle commedie più belle di Edoardo De Filippo, “Sabato, domenica e lunedì”, inizia con una scena in cucina: si sta preparando ‘o rrau, il ragù napoletano, per il pranzo domenicale.

Come racconta Isabella De Filippo in Si cucine cumme vogli’i’… La cucina povera di Eduardo De Filippo, la commedia fu scritta nel 1959 e a quell’epoca Edoardo seguiva, nel preparare il ragù, il metodo in uso a Napoli. Il libro me lo regalarono nel 2003: a chi ama la cucina o il teatro di Edoardo o entrambi, lo consiglio: con dieci euro si legge un volumetto delizioso pieno di curiosità, umanità e, naturalmente, ricette.

Il ragù napoletano

Torniamo alla commedia. E’ sabato e donna Rosa, la protagonista, sta iniziando, quasi come fosse una sacra cerimonia, la preparazione del ragù. Accanto a lei c’è Virginia, la cameriera che sta affettando la cipolla. Nella discussione fra Rosa e Virginia -di cui riportiamo solo alcune righe estratte dal volume edito da Einaudi- viene fuori pari pari la ricetta. Donna Rosa puntualizza subito che lei sta cucinando il vero ragù napoletano, e non carne bollita con pomodoro e cipolla:

ROSA Hai fatto?
VIRGINIA (piagnucolando) Devo affettare queste altre due.
ROSA E taglia, taglia… fai presto.
VIRGINIA Signo’, ma io credo che tutta questa cipolla abbasta.
ROSA Adesso mi vuoi insegnare come si fa il ragù? Più ce ne metti di cipolla più aromatico e sostanzioso viene il sugo. Tutto il segreto sta nel farla soffriggere a fuoco lento. Quando soffrigge lentamente, la cipolla si consuma fino a creare intorno al pezzo di carne una specie di crosta nera; via via che ci si versa sopra il quantitativo necessario di vino bianco, la crosta si scioglie e si ottiene così quella sostanza dorata e caramellosa che si amalgama con la conserva di pomodoro e si ottiene quella salsa densa e compatta che diventa di un colore palissandro scuro quando il vero ragù è riuscito alla perfezione.
VIRGINIA Ma ci vuole troppo tempo. A casa mia facciamo soffriggere un poco di cipolla, poi ci mettiamo dentro pomodoro e carne e cuoce tutto assieme.
ROSA E viene carne bollita col pomodoro e la cipolla. La buonanima di mia madre diceva che per fare il ragù ci voleva la pazienza di Giobbe. Il sabato sera si metteva in cucina con la cucchiaia in mano, e non si muoveva da vicino alla casseruola nemmeno se l’uccidevano. Lei usava o il tiano di terracotta o la casseruola di rame. L’alluminio non esìsteva proprio. Quando il sugo si era ristretto come diceva lei, toglieva dalla casseruola il pezzo dì carne di annecchia e lo metteva in una sperlunga come si mette un neonato nella connola, poi situava la cucchiaia di legno sulla casseruola, in modo che il coperchio rimaneva un poco sollevato, e allora se ne andava a letto, quando il sugo aveva peppiato per quattro o cinque ore. Ma il ragù della signora Piscopo andava per nominata.
VIRGINIA (compiacente) Certo, quando uno ci tiene per passione.
ROSA E quello papà, se non trovava il ragù confessato e comunicato faceva rivoltare la casa.
VIRGINIA Povera mamma vostra!
ROSA Ma era pure il tipo che ti dava soddisfazione. Venivano gli amici e dicevano <Signo’, ma come lo fate questo ragù che fa uscire pazzo a vostro marito? L’altra sera ci ha fatto una testa tanta: “E il ragù di mia moglie sotto, e il ragù di mia moglie sopra…”>, e mammà tutta contenta l’invitava; e quando se ne andavano dicevano: <Aveva ragione vostro marito>. E si facevano le croci.

(da “Sabato, domenica e lunedì”, Einaudi, 1997)


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